I terreni dove cresce il Tartufo Bianco a San Miniato


Tutti quanti abbiamo un’idea immediata e pratica di cosa è il terreno, ma raramente ci soffermiamo a riflettere su cosa compone la terra e perché i terreni sono così diversi fra loro. E proprio nel mondo del tartufo la terra, il terreno, ha un’importanza fondamentale, proprio perché il tartufo, anche senza aver studiato pedologia, la scienza che studia i suoli, sa benissimo da solo in quali terreni può nascere, crescere e riprodursi.

L’origine dei terreni
I terreni derivano dalle rocce attraverso un processo detto di “pedogenesi”, ossia di nascita del suolo. Si intuisce facilmente come il tipo di roccia da cui si forma il terreno ha un’influenza determinante sul tipo di suolo che successivamente si formerà e sulle sue caratteristiche.
La roccia nel tempo subisce l’aggressione di svariati fattori fra cui il sole, il cui calore provoca il fenomeno detto di dilatazione termica, l’acqua, che provoca lo scioglimento delle sostanze solubili, il ghiaccio che provoca enormi pressioni se riesce a formarsi all’interno della roccia stessa.
A questi fattori subentrano successivamente anche i fattori biotici che provocano anch’essi la disgregazione della roccia attraverso le radici delle piante che fendono la roccia stessa o che la sgretolano con l’emissione di sostanze corrosive.
Lentamente ma costantemente e inesauribilmente la roccia quindi si sfalda in particelle sempre più piccole. Quando le particelle hanno raggiunto una dimensione precisa la roccia è diventata... terra.

La composizione del terreno
Un terreno è composto da quattro parti. La prima è la “parte solida” ossia la parte minerale costituita dalle particelle formatisi dalla disgregazione della roccia. La seconda parte è la “parte gassosa”, ossia gli spazi vuoti lasciati dalla parte minerale. Immaginate ora un barattolo riempito di palline di diversa dimensione: rimarranno comunque un po’ di spazi vuoti. In questi spazi vuoti si inserisce la terza parte, la “parte liquida”, ossia l’acqua che va a infilarsi in questi spazi finchè le piante non la prelevano o il caldo non la fa evaporare. La quarta parte è la “parte organica”, ossia derivante dagli organismi viventi che sono stati sul terreno; essa è molto variabile a seconda del tipo di terreno originario e del grado di utilizzazione del suolo.

La parte minerale del terreno
Questa parte è quella che determina in modo sostanziale il tipo di terreno.
Nella parte minerale si distinguono tre categorie principali di particelle: la sabbia, il limo e l’argilla. L’argilla è composta dalle particelle più piccole di 0,002 mm, le particelle di limo invece sono comprese fra 0,002 mm e 0,2 mm, la sabbia infine è la parte di terreno dove le particelle sono comprese fra 0,2 mm e 2 mm; oltre 2 mm si parla di scheletro.
La diversa proporzione fra le tre componenti dà luogo ai diversi tipi di terreno.
Un terreno dove prevale la parte argillosa è un terreno che, bagnato, rimane umido a lungo trattenendo l’acqua per molto tempo; una volta asciutto diventa compatto, duro, e poiché l’argilla bagnandosi si rigonfia e asciugando si contrae, dà luogo a ampie e profonde crepature.
Un terreno sabbioso invece quando viene bagnato non trattiene l’acqua e pertanto si asciuga rapidamente, non si compatta rimanendo sciolto e incoerente.
La diversa capacità dei terreni di trattenere l’acqua è legata alle dimensioni che le particelle lasciano agli spazi vuoti: più piccole sono le particelle e più piccoli sono gli spazi vuoti dove l’acqua va a “incastrarsi” e quindi viene trattenuta con più forza; più grandi sono le particelle e più grandi sono gli spazi vuoti dove l’acqua ha modo di liberarsi con più facilità.
In realtà le cose non sono esattamente così elementari. L’acqua viene più o meno trattenuta a seconda delle forze di capillarità che si istaurano nei vari tipi di terreno, ma intuitivamente  gli esempi sopra descritto rendono l’idea con precisione. Ci sono poi i terreni dove le varie componenti sono equilibrate fra loro, i cosiddetti terreni di medio impasto, come lo sono la maggior parte dei terreni agrari, dove il comportamento è intermedio fra i casi estremi sopra descritti.

Uno sguardo al suolo
Andando per boschi sarà sicuramente capitato, mentre ad esempio si percorre una strada incassata, di dare un occhio alle pareti della strada stessa e si sarà notato come il terreno cambia passando dalla parte alta alla parte più bassa. Quello che stiamo guardando è il cosiddetto “profilo” del suolo ed è la sovrapposizione degli strati che si può osservare in qualunque terreno se si prendesse un escavatore e si scavasse una fossa più o meno profonda.
Il profilo del terreno contiene i seguenti strati, detti più propriamente “orizzonti”, indicati con lettere:
Orizzonte O: è lo strato composto dalla sostanza organica, spesso presente nei suoli forestali come humus, poco presente nei terreni coltivati.
Orizzonte A: è uno strato che si modifica continuamente per l’interazione con le piante, il clima e soprattutto l’acqua che filtrando porta verso il basso tutta una serie di sostanze.
Orizzonte B: è uno strato che si modifica principalmente a seguito dei depositi portati dall’acqua dagli strati superiori.
Orizzonte C: è uno strato poco alterato in ogni senso.
Orizzonte R: è la roccia madre.



Il terreno e i tartufi
Ad ogni tartufo il suo terreno; anzitutto tutte le specie di tartufo prediligono terreni con pH subalcalino e pertanto i terreni ricchi di sostanza organica non sono adatti in quanto tendenzialmente acidi in conseguenza della trasformazione della sostanza organica stessa che genera acidi umici e fulvici.
Il Tartufo Bianco poi cresce sottoterra e pertanto i terreni argillosi non sono assolutamente adatti al suo sviluppo in quanto asciugandosi lo comprimerebbero impedendogli di crescere. Molto più adatti i terreni sabbiosi, sciolti e incoerenti, che permettono al tubero di espandersi. Infatti i terreni migliori sono proprio i terreni tufacei, le sabbie marine depositatesi nel pliocene e che costituiscono le colline di San Miniato e dei dintorni. Immaginatevi nel corso di migliaia di secoli, le particelle di sabbia portate al mare che pian piano si sono depositate formando questi strati di terreno che, una volta ritiratosi il mare o alzandos il suolo, sono emersi. Con il passare del tempo questi strati sono stati corrosi dai vari corsi d’acqua che hanno scavato solchi più o meno profondi, anche decine di metri, dando luogo alle vallecole tipiche di questa parte di territorio dove il Tartufo Bianco trova l’habitat ideale.

Gli altri tartufi
Il Tartufo nero pregiato e il Tartufo nero estivo o Scorzone prediligono terreni con caratteristiche simili a quelle dei terreni preferiti dal Tartufo Bianco, ma con una parte di scheletro più elevata, ossia con una maggiore quantità di parti più grossolane, quindi permeabili e aerati, con buona provvista di calcare, che garantisce il mantenimento di un pH ideale.

Il pH 
Il pHè una misura dell’acidità ed è misurato da una scala che va da 0 a 14. Il pH ha valore neutro, ossia non è nè acido nè basico, a 7. Sotto 7 fino a 0 siamo in ambiente acido, ad esempio il succo di pomodoro, il succo di limone fino all’acido solforico.
Sopra 7 fino a 14 siamo in ambiente basico (detto anche alcalino), ad esempio il bicarbonato, l’ammoniaca, fino alla soda caustica.
Il tartufo vive bene in ambienti con pH subalcalino, cioè un po’ più di 7, diciamo che l’ottimale va da 7,2 fino a 7,6.

© Riccardo Buti e Fabrizio Mandorlini - Oro Bianco. Il Tartufo di San Miniato - Fm Edizioni