Le strade del Tartufo Bianco incontrano la Via Francigena


A San Miniato le strade, le vie di campagna, le resole che i tartufai percorrono per ricercare il Tartufo Bianco, si intrecciano con il percorso della Via Francigena. Ecco che sulle strade del tartufo, preziosi come gli stessi tartufi, possiamo trovare veri e propri scrigni di ricchezza, di storia, di arte. Sono i segni ancora esistenti di un passato ricco, il Medioevo, per il Valdarno, la Valdegola e la Valdelsa, che ebbe nella Via Francigena il motivo dello sviluppo e la loro ragione di esistere. Una pieve romanica, un lebbrosario o un selciato diventano la testimonianza concreta di un patrimonio artistico e architettonico da salvaguardare e da valorizzare, con gli archeologi che si trasformano veri e propri “cavatori” alla ricerca di una pietra, di un vaso in ceramica o di un quant’altro possa raccontarci quell’importante periodo storico.
E i “tartufi di pietra” non mancano proprio, specie nel tratto sanminiatese. La Via Francigena, era un’area di percorrenza attraverso il quale Re, Imperatori, Papi e soprattutto povera gente e semplici credenti percorrevano per un tratto di diversi chilometri coincidente con la strada dei tartufi e più precisamente del Tartufo Bianco. Questo fascio viario da San Genesio saliva lungo il crinale e toccava nelle sue diramazioni Calenzano, San Quintino, Coiano, Corazzano, Castelnuovo d’Elsa, Castelfiorentino per proseguire poi nell’alta valle dell’Elsa verso Siena. San Genesio, definito più anticamente Vicus Wallari, costituiva un nodo nevralgico del sistema viario. La sua collocazione, incrocio fra la Francigena e la Via Pisana, nonchè dell’importante via fluviale che era l’Arno, fu il motivo delle fortune del borgo conoscendo momenti di vera gloria intorno all’anno 1000, una gloria testimoniata dagli scavi che hanno portato alla luce i resti di una basilica di dimensioni notevoli. Da qui passò Sigerico nel suo viaggio di ritorno da Roma a Canterbury, viaggio compiuto fra il 990 e il 994. A seguito di una serie di eventi negativi il borgo andò in decadenza e fu distrutto dai sanminiatesi nel 1248, dopo che aveva perso il titolo e la sede del capitolo dodici anni prima a favore della chiesa di Santa Maria a San Miniato.
Mentre nel Medioevo percorrere la Via Francigena, al pari del Cammino di Santiago o delle Crociate in Terrasanta, rispondeva alla necessità di compiere un “pellegrinaggio”, ossia vero e proprio viaggio teso a soddisfare una necessità spirituale, oggi il pellegrino ha motivazioni diverse.
Certamente il viaggio come esperienza interiore predomina nello spirito di chi si mette in cammino, ma anche la curiosità di vedere posti di cui si è sentito parlare, conoscere altri luoghi percorrendoli a un passo più lento, meno frenetico, in una dimensione più umana, apprendere i loro costumi e le abitudini, tutto sempre finalizzato ad un arricchimento interiore.
Le aree del Tartufo Bianco in questo senso costituiscono per il pellegrino che percorre la Via Francigena un’esperienza unica: un territorio unico come origine, conformazione e vegetazione, la possibilità di incontrare un tartufaio che rientra con il proprio cane e con cui scambiare qualche battuta sulla passione che muove queste persone ad alzarsi prestissimo la mattina, a percorrere anche loro chilometri e chilometri nella speranza di vedere il cane fiutare una traccia. Queste sono le cose che il pellegrino moderno ricerca con avidità, quelle realtà autentiche che nel nostro caso può trovare solo in questo tratto.
Certamente nell’immediato non c’è un ritorno economico o commerciale: il pellegrino per definizione non ha molte risorse e non può certo portarsi dietro il tartufo per giorni e giorni o cucinarselo per conto proprio.
Vi è tuttavia un ritorno di immagine rappresentato dalla maggior conoscenza di questo ambiente, delle persone che lo vivono quotidianamente, dell’attività che vi viene esercitata.
Poi forse un giorno, in futuro, esser venuto a contatto di una certa prelibatezza senza averne potuto assaporare il gusto, la curiosità di provarla, aver riscontrato cordialità nelle genti del posto può indurre anche a ritornare magari alla ricerca, avendo già provveduto a ritemprare lo spirito, di un po’ di sano e gaudente conforto al corpo.

© Riccardo Buti e Fabrizio Mandorlini - Oro Bianco. Il Tartufo di San Miniato - Fm Edizioni