Un marchio “fantastico” che guarda il cielo


E’ un marchio che viene dal glorioso passato della città quello che rievoca il Tartufo Bianco delle Colline Sanminiatesi. E’ di proprietà dell’Associazione Tartufai delle Colline Sanminiatesi ed è stato ricavato da un bacino ceramico collocato sulla facciata del duomo di San Miniato.
Ma analizziamo i bacini inseriti nella facciata del duomo per capire meglio le “origini” e il significato del bacino da cui è stato ricavato il marchio. Tutti i bacini (escluso uno) presentano un impasto dalle tonalità del cuoio chiaro, con sfumature rosso mattone giallastro solo nelle zone di maggior spessore, piuttosto grossolano, poroso, non eccessivamente duro, ricco di quarzo. I colori usati per la decorazione sono il blu di cobalto e il bruno di manganese stesi su un fondo a smalto bianco oppure il bruno su un fondo a smalto verde. Il rivestimento a smalto ricopre anche le superfici esterne ma generalmente solo in modo parziale. Gli elementi decorativi presentano, nei pezzi di dimensioni maggiori, un particolare fascino nelle raffigurazioni animali, nell’eleganza degli intrecci, nelle composizioni geometriche.
I segni grafici che adornano i bacini sono di svariati tipi: dalla rappresentazione di animali fantastici e quadrupedi, a forme ovali con fiori stilizzati, a motivi a zig-zag. Una notevole uniformità e semplicità si osserva invece in quelli di piccole dimensioni. Analisi chimiche e mineralogiche degli impasti, oltre a confronti con reperti di altre provenienze, consentono di affermare che ci troviamo di fronte ad una ceramica fabbricata in area tunisina. La provenienza da questa regione non contrasta con quanto sappiamo a proposito dei rapporti politici e commerciali di questo territorio con le principali città portuali islamiche dell’Africa del nord corso dell’XI e del XII secolo in quanto si diffusero parallelamente allo sviluppo della Via Francigena. Non dimentichiamoci poi della vicinanza di Pisa, autentica potenza marinara con cui la zona di San Miniato aveva frequenti rapporti commerciali.
I bacini del duomo vanno riferiti alla fine del XII secolo o al massimo ai primissimi anni del XIII. Molto interessante la disposizione dei bacini sulla facciata del Duomo sulla cui interpretazione proponiamo la versione più accreditata.
La stella bianca e verde al somme del fastigio sta ad indicare la stella polare, punto di riferimento e guida ai naviganti, ai fedeli ed i bacini delle due zone sono raggruppati secondo il disegno delle costellazioni, dei carri delle Orse; quindi la facciata, se battuta dal sole, doveva riverberare – e riverbera - per la cristallina dei bacini, gli splendori della volta celeste. Le chiesa terrena, come il regno eterno, la stella polare e le Orse poste a trasfigurare similitudine e concetto. La paternità federiciana dell’idea teologica del cristiano-pellegrino navigante, orientato dalla stella polare (la chiesa), e dai carri delle orse (il cielo-paradiso, meta ultima del viaggio), è riecheggiata più tardi da Dante, nello spirito del tempo: “Tu vedesti il Zodiaco rubecchio anocra a l’Orse più stretto rotare se non uscisse fuor del cammino vecchio” (Purg. IV, vv.64, 65, 66). Federico II era coltissimo, in queste scienze, tanto che per fargli un dono gradito, un sultano gli aveva mandato un orologio o un “planetario”. Per favorirne la conservazione, con la nascita del Museo diocesano d’Arte Sacra, i  bacini vennero disalveati dalla facciata, restaurati e collocati all’interno del museo, mentre nella facciata del Duomo furono incastonate delle copie. Il bacino classificato con il numero quattro, quello che ci riguarda da vicino, ha un diametro di cm. 30,4, una profondità di cm. 7,2 e un’altezza di cm. 9,8.

La forma è a calotta quasi regolare con bordo assottigliato; alto piede ad anello. Decorazione a cobalto e manganese. Nel campo un animale fantastico con il corpo suddiviso in settori. Nella descrizione, a livello di marchio, l’animale è idenficato come “quadrupede fantastico con una lunga coda reclina fino sopra la testa.




















© Riccardo Buti e Fabrizio Mandorlini - Oro Bianco. Il Tartufo di San Miniato - Fm Edizioni