26 ottobre 1969. La prima festa del tartufo. merito di Renato Tozzi

Una persona lungimirante che amava il proprio lavoro e che credeva nelle potenzialità del Re della tavola. Il tartufo bianco. Una persona di una profonda cultura gastronomica, precursore a San Miniato e all'avanguardia nella ristorazione e nell'accoglienza. La sua opera e la sua figura è stata dimenticata, troppo in fretta, specie oggi che i fari si sono accesi sul Tartufo bianco delle Colline Sanminaitesi e la mostra mercato del Tartufo è una manifestazione di carattere nazionale. Ma è grazie a lui se tutto è cominciato nel 1969. Renato Tozzi, fece dal 1962 al 1980 del "Miravalle" un locale di riferimento a livello gastronomico.

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Tozzi aveva una formazione inglese, un'esperienza al Savoi e una buona manualità. Conosceva la cucina internazionale ed era in contatto con persone di varia nazionalità. Portò fin da subito una profonda creatività nei piatti che proponeva. Si deve a una sua intuizione la nascita della prima sagra del tartufo e ne fu l'anima per le prime edizioni. La storia racconta che il 26 ottobre 1969 dei pentoloni di riso al tartufo bianco furono serviti gratuitamente a coloro che erano intervenuti in piazza duomo e fu così che i sanminiatesi apprezzarono il tartufo e la sua bontà.
Renato Tozzi non guardava ai grammi di tartufi da mettere nel riso e al valore della grattata. La sua filosofia  stava nell'acquistare prodotti di qualità e, nel caso del tartufo, di mettere tartufo fino a quando il riso non era di suo gradimento. Chi consumava, doveva andare via soddisfatto.
La storia ci ricorda anche di un pranzo "memorabile" al quale parteciparano due illustri critici, Luigi Veronelli e Luisa Griffo che si innamorarono del Risotto Miravalle della frittata al tartufo e del fagiano tartufato. La presenza dei giornalisti al pranzo per far apprezzare la bontà del tartufo la dice lunga sulla sua conoscenza nel saper valorizzare e promuovere i prodotti del territorio.
Nacque così, grazie a Renato Tozzi la sagra del Tartufo e grazie a lui per un ventennio San Miniato potè vantarsi di un locale all'avanguardia che ospitava turisti italiani stranieri e faceva della cucina il proprio vanto.


Un selfie è d'obbligo al tartufo più grosso del mondo

Un monumento ricorda e celebra il ritrovamento del tartufo più grosso del mondo di cui ricorre il 60° anniversario. Fu realizzato in occasione della 42° Mostra Mercato Nazionale del Tartufo Bianco dal campione del mondo di forgiatura Massimiliano Benvenuti, insieme a un gruppo di colleghi proveniente da tutta Italia e formato da Graziano Destri, Fabio Destri, Davide Caprilli, Andrea Cosci, Federico Gasparri, Stefano Fagioli, Dario Fagioli, Luca Bonanni, Marcello Aristei, Diego Imperatore, Gianfranco Brancorsini, Giannino Brancorsini, Gabrio Grilli, Renato Nanni, Alvaro Ricci, Alessandro Coli. Un monumento al “tartufone” dei record e al record mondiale che San Miniato detiene diventato in poco tempo meta di turisti. Tanto che, per chi visita San Miniato, un selfie al monumento è diventato una vera e propria pratica. Si tratta di un’opera a misura d’uomo dal peso di oltre un quintale e mezzo realizzata interamente in ferro battuto che le mani sapienti di un’arte dal fascino antico hanno realizzato a colpi di martello davanti ai visitatori della mostra mercato in un autentico spettacolo. L’idea del monumento fu dei cittadini sanminiatesi Desideri,  Taverni, Brotini e Mandorlini. 
Il monumento rende idealmente onore a tutti i tartufai e ai cani campioni che nel tempo hanno fatto la storia di questa terra ed è stato collocato, con un’apposita cerimonia domenica 25 novembre 2012, in un apposito giardinetto lungo la strada che congiunge Piazza del Duomo e Piazza San Francesco con il viale Garibaldi, in uno slargo panoramico su piazza Dante Alighieri e sui giardini Pietro Bucalossi.  


26 ottobre 1954. 60 anni fa fu trovato il tartufo più grosso del mondo

Ha sessant’anni il record di San Miniato. Nessuno al mondo è riuscito a fare meglio. Il record del tartufo bianco più grosso del mondo mai trovato resiste nel guiness dei primati  con i suoi 2.520 gr. Era infatti il 26 ottobre 1954 quando Arturo Gallerini e il suo fedele cane Parigi trovarono la preziosa pepita. Si tratta di una delle pagine più belle della storia del Tartufo Bianco di San Miniato. Non credo che sarebbe stato sbagliato ricordare e celebrare l’avvenimento.


Tartufai di fine Ottocento (Archivio Gallerini)
© Fabrizio Mandorlini

Bisogna alzarsi molto presto, non c’è che dire, è fatica essere già in bosco alle prime ore della notte.
Lo sapeva bene Arturo Gallerini, soprannominato il “Bego”, di notti bianche ne ha vissute tante. Lui è di casa nei boschi di San Miniato, dove l’Egola e la Chiecina scorrono laggiù a valle.
Faceva freddo quella mattina d’autunno inoltrato.
La lanterna in mano, il vanghetto a tracolla e via per i sentieri.
Il rumore del silenzio è quasi assordante, interrotto da alcuni animali notturni. Il Bego conosce le piante: il pioppo, il salice, la quercia, e conosce, senza darsi una risposta, il proverbio che “fra Doderi, Montoderi e Poggioderi c’è una bella margherita che costa più di Firenze e Pisa”.
Era nebbia in quella notte umida. Gli teneva compagnia Parigi, il suo fedelissimo compagno, un cane bastardo, come si addice ai bravi cani da tartufo, di grossa taglia a pelo liscio ed ondulato, con la coda a spazzola.


Uno, due, tre, quattro chilometri per il bosco, poi altrettanti nel fondovalle acquitrinoso. Parigi non si dava pace quella notte in cui non riusciva a fiutare neanche l’aroma di un tartufo di piccola taglia.
Era lui che faceva strada e guidava il Bego.